Il
ceto servile
I quartieri popolari erano abitati dalla classe dei servi:
si trattava di uomini e donne liberi, che godevano dei diritti
civili come la proprietà, ma che non avevano parte
nella guida politica della città. Oggi possiamo distinguerli
nelle iscrizioni funebri in quanto il loro nome non contiene
l'indicazione della stirpe di appartenenza come per le classi
gentilizie. La
classe servile dal IV secolo a.C. fu autrice di sommovimenti
sociali, il cui scopo era l'ottenimento dei diritti politici,
rivendicazioni che ebbero a volte epiloghi cruenti.
Le
abitazioni
I
materiali con cui erano costruite le case del ceto popolare
non differivano molto da quelli che erano utilizzati per le
dimore delle classi gentilizie: quindi uno zoccolo in pietra
su cui venivano alzati muri in argilla o mattoni crudi, sorretti
da intelaiature in legno. Le case erano affiancate e raggruppate
in isolati, gli ambienti erano piccoli e con uno scarso sviluppo
in altezza. Secondo
i precetti religiosi le strade dovevano incrociarsi ad angolo
retto. Nella realtà, siccome spesso le città
venivano edificate su alture, ciò era impossibile,
e gli abitati si formavano adeguandosi alle caratteristiche
del luogo, dando vita ad un tortuoso dipanarsi di stretti
vicoli.
Gli
schiavi
Come tutte le civiltà antiche anche gli Etruschi utilizzavano
come forza lavoro gli schiavi, che fornivano una mano d'opera
a basso costo che poteva anche essere molto specializzata.
Essi
erano uomini e donne che non godevano di diritti civili e
politici, ed erano considerati oggetto di proprietà.
Le
occupazioni più comuni nelle città erano i lavori
domestici nelle abitazioni del ceto aristocratico, oppure
come lavoranti nelle botteghe artigiane; nelle campagne: l'agricoltura
o l'estrazione dei metalli nelle miniere. La fonte principale
di schiavi erano le guerre e le razzie nei territori nemici.
In genere gli schiavi non erano maltrattati in quanto erano
considerati beni preziosi e la morte di uno di essi era vista
come una grave perdita economica.
L'artigianato
Sulle strade ed i vicoli delle città si affacciavano
le botteghe degli artigiani, fervide di attività produttive
e di commerci. Nelle botteghe si fabbricavano recipienti e
vasi di terracotta di ogni foggia ispirati al gusto greco,
suppellettili ed arnesi in bronzo, raffinati gioielli in oro
e in altri metalli preziosi. Prodotti che venivano acquistati
in loco o che prendevano la via di popoli lontani. Tra gli
artigiani che lavoravano nelle città etrusche troviamo
anche appartenenti ad altre popolazioni: soprattutto italici
e greci la cui abilità era molto apprezzata. Nei laboratori
più grandi lavoravano anche schiavi specializzati,
sono stati ritrovati infatti molti oggetti prodotti in serie
che fanno pensare ad una produzione organizzata quasi industrialmente.
Le ceramiche più tipiche della vasta produzione etrusca
furono i buccheri. Si tratta di vasi caratterizzati dal colore
nero lucido delle superfici, determinato dalla tecnica di
fabbricazione e cottura. Nella fase più antica la produzione
di buccheri, tipica della città di Cere, consisteva
soprattutto in prodotti caratterizzati da uno spessore sottile.
Successivamente al bucchero sottile si affiancò il
bucchero pesante, con pareti spesse e decorazioni in rilievo
o applicate.
Particolare
attenzione per la squisitezza della loro fattura meritano
gli specchi, trovati a centinaia nelle necropoli. Il modello
più comune era quello tondo con il manico. Il retro
della superficie di bronzo era inciso o lavorato a rilievo,
solitamente con soggetti mitologici provenienti dalla cultura
greca, oppure coperto di iscrizioni. La
produzione di monili ed oggetti in oro, nella quale gli etruschi
dimostrarono un elevato grado di elaborazione tecnica capace
di sfruttare le possibilità espressive del metallo,
fu ricchissima e meritatamente famosa. Il
periodo di massima fioritura fu tra la metà del VII
e la fine del VI secolo a.C., a Vetulonia e Vulci. Anche
nell'oreficeria trionfò il gusto per il sovraccarico
e gli effetti enfatici, sia con l'incontro di motivi ornamentali
vegetali, figurati e geometrici, sia con l'impiego delle diverse
tecniche di lavorazione, spesso combinate insieme. Tali tecniche
comprendevano l'incisione, lo sbalzo, la fusione la filigrana
e, soprattutto, la granulazione, consistente nell'applicare
sulla superficie del metallo piccoli granelli d'oro saldati
tra loro, moltiplicando così l'effetto dell'incidenza
della luce.
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